La Via Flaminia, un’antica arteria consolare romana, fu costruita nel 220 a.C. per volere del censore Gaio Flaminio Nepote. Nata con un obiettivo strategico e militare, essa mirava a collegare Roma ai territori recentemente sottomessi della Gallia Cisalpina, rappresentando per secoli un collegamento vitale per la capitale e la sua espansione verso il Nord Italia, in particolare con la costa adriatica e la pianura padana. Fu considerata addirittura un percorso più agevole dell’Aurelia per raggiungere le province occidentali attraverso la Via Emilia.
Fu un’impresa ingegneristica notevole per l’epoca, che vedeva la costruzione di strade lastricate con grandi lapidi regolari, così precise da risultare persino comode per il viaggiatore. Nel tempo, questa strada fu oggetto di numerosi restauri, tra cui quelli impegnativi voluti personalmente da Augusto nel 27 a.C., che ne rifece il lastricato e ricostruì tutti i ponti ad eccezione del Ponte Milvio e del Minucio (non più esistente).
Altri interventi sono attestati sotto imperatori successivi come Vespasiano, Traiano, Adriano, e oltre, sino alla dominazione gotica. La sua importanza crebbe rapidamente, stimolando lo sviluppo di città, stazioni di posta (mansiones) e luoghi per il cambio dei cavalli (mutationes) lungo il suo percorso.
Il tracciato originario
Il tracciato originario partiva dalla zona del Foro Romano, in prossimità della Porta Fontinalis (o Ratumena) delle Mura Serviane, scoperta in uno scavo del 1862 insieme a un tratto lastricato della via antica. Da qui, attraversava la vasta pianura del Campo Marzio, compresa tra il Tevere e le pendici del Quirinale e del Pincio, con un percorso rettilineo che, fino all’Arco noto come di Portogallo, prenderà il nome di Via Lata. In età repubblicana, la strada era fiancheggiata da numerosi monumenti funerari, successivamente cancellati dall’urbanizzazione monumentale del Campo Marzio avviata da Augusto.
Lungo il tratto urbano e suburbano, l’area era caratterizzata da sontuose ville, come quella di Licinio Lucullo sul Pincio, noto per questo come collis hortulorum. Più a nord, ma ancora nel suburbio, si trovava la tomba dei Domizi, alle pendici del Pincio, che accolse persino le ceneri di Nerone. L’attraversamento dell’Acquedotto Vergine fu monumentalizzato con un arco in onore di Claudio dopo la sua vittoria sui Britanni. Successivamente, la via usciva da Roma attraverso la Porta Flaminia, costituita inizialmente da due fornici, poi ristretta a uno per motivi di sicurezza da Onorio, corrispondente, nella localizzazione, all’attuale Porta del Popolo. Lungo il tratto subito fuori le mura, fino al Tevere, si allineava un’ininterrotta successione di sepolcri. Altri monumenti funerari furono scoperti con i lavori nel quartiere Flaminio, inclusi mausolei circolari e un mausoleo presso Ponte Milvio. Ai piedi dei Monti Parioli, è presente una vasta area sepolcrale che include un cimitero all’aperto e le Catacombe e la Basilica di S. Valentino.
Dopo Ponte Milvio
Superato il Tevere con il Ponte Milvio, un punto di accesso cruciale alla città che vide importanti eventi storici legati alla via, la Flaminia antica costeggiava la riva destra del fiume. Il ponte, ricordato da Livio come esistente già nel 207 a.C. e restaurato dal censore M. Emilio Scauro nel 109 a.C.. È un’opera notevole con quattro arcate centrali e due laterali minori, dotata di frangiflutti triangolari e aperture per il deflusso delle acque in caso di piena. Non lontano dal ponte sono ancora visibili muri di contenimento e resti di un’opera di arginatura. Il ponte è celebre anche come teatro della battaglia tra Costantino e Massenzio nel 312 d.C., un evento chiave nella cristianizzazione dell’Impero Romano.

Proseguendo, la via attraversa la piana di Tor di Quinto, dove i resti di numerosi monumenti segnavano l’andamento della strada. Un tratto della via antica è stato scavato all’interno degli insediamenti della Marina Militare e dell’Arma dei Carabinieri (Caserma Salvo D’Acquisto), dove il basolato è affiancato da una serie continua di edifici sepolcrali, inclusi piccoli colombari e monumenti a podio o a esedra, databili tra il I secolo a.C. e il II secolo d.C., alcuni pertinenti a pretoriani.
Poco oltre Tor di Quinto si trova la zona dei Due Ponti, il cui toponimo ha una storia legata ai mutamenti del tracciato stradale. Qui la via antica doveva superare i fossi della Crescenza e dell’Acquatraversa. Nelle mappe più antiche, come quella di Eufrosino della Volpaia (1547), è riportato un unico ponte dopo la confluenza dei due fossi in un unico ramo, noto forse come Ponte di Quinto. I due ponti moderni che danno il nome alla zona sono ancora visibili oggi, sebbene in stato di degrado.
Questa zona fu anche importante per il servizio postale istituito dallo Stato Pontificio, con stazioni a Castelnuovo di Porto e Prima Porta. La via Flaminia divenne anche un percorso importante per i pellegrinaggi, in particolare verso il santuario di Loreto, con testimonianze che documentano le tappe e le distanze tra le poste.
Procedendo oltre il quinto miglio, indagini archeologiche hanno portato all’eccezionale scoperta, in un’area vicinissima al Tevere a rischio di esondazioni, di un tratto consistente della via consolare antica e di un’importante area cimiteriale. Tra i rinvenimenti più significativi vi è il mausoleo di Marco Nonio Macrino, un monumento funerario sontuoso a pianta rettangolare, rivestito in marmo, alto quasi 15 metri, che presentava un prospetto sulla Flaminia con quattro colonne corinzie. L’identità del personaggio, un senatore bresciano e generale dell’imperatore Marco Aurelio, è stata chiarita grazie a una parte dell’iscrizione dedicatoria ritrovata. La conservazione di numerosi elementi marmorei è dovuta al fatto che l’area fu coperta da un consistente strato di limo a seguito di un’esondazione del Tevere. La presenza di blocchi smontati pronti per essere trasformati in calce testimonia l’utilizzo successivo di uno degli edifici funerari come calcara.
Poco oltre il Fosso di Prima Porta, dove si distaccava verso est la Via Tiberina, si trovano resti di edifici tra i quali un pilastro in laterizio di un arco presso la chiesa dei SS. Urbano e Lorenzo, forse riferibile a un acquedotto del IV secolo d.C., che potrebbe aver dato il nome alla località Prima Porta, vista come un primo ingresso a Roma. Nelle vicinanze, raggiungibile tramite un diverticolo, si trova la Villa di Livia ad Gallinas albas, appartenuta a Livia, sposa di Augusto. Ricordata nelle fonti letterarie per il prodigioso evento che le diede il nome. La leggenda poetica narra che un’aquila avrebbe fatto cadere sul ventre di Livia una gallina con un rametto di alloro nel becco. Consigliata dagli aruspici, ella allevò la prole del volatile e piantò il rametto generando un bosco di allori, dal quale gli imperatori coglievano i ramoscelli da tenere in mano durante le battaglie. Gli scavi hanno riportato alla luce la statua di Augusto (ora nei Musei Vaticani).
La Via Flaminia antica proseguiva con un percorso di crinale e passava sotto l’Arco quadrifronte di Malborghetto. Questo arco, di cui si conserva la struttura laterizia, fu forse eretto da Costantino dopo la vittoria su Massenzio nel 312 d.C. all’incrocio con una strada ortogonale. Nel Medioevo fu trasformato in chiesa, poi in torre, e infine in casale rurale. Oggi ospita un museo con materiale proveniente dalla Flaminia suburbana.
Le stazioni di posta romane
Le principali stazioni sono così indicate dall’itinerario di Antonino, con le rispettive distanze da Roma: Villa Rostrata (Casale di Morolo) miglia 23; Ocriculum (Otricoli), m. 44; Narnia (Narni), m. 56; Interamna (Terni), m. 65; Spolitium (Spoleto), m. 83; Forum Flaminii (S. Giovanni Profiamma), m. 101; Helvillum (Sigillo), m. 128; Calle (Cagli) m. 151; Forum Sempronii (Fossombrone) m. 169; Fanum Fortunae (Fano) m. 185; Pisaurum (Pesaro) m. 193; Ariminum (Rimini) m. 217.
Oltre il tratto suburbano, la Via Flaminia proseguiva il suo viaggio verso l’Adriatico. Lungo questo percorso si svilupparono diverse varianti e diramazioni. Tra queste, la Via Flaminia Vetus, un percorso più antico e montuoso che attraversava l’Appennino, e la Via Flaminia Nova, un tracciato più agevole, probabilmente realizzato in epoca imperiale, che passava per città come Interamna Nahars (Terni) e Narnia (Narni). Esisteva anche una Via Flaminia Minor, un ramo secondario che da Fano si dirigeva verso nord-ovest per raggiungere Bologna, congiungendosi alla Via Emilia.
I ponti romani
Lungo il percorso principale e le sue diramazioni si incontrano numerosi ponti romani, essenziali per superare fiumi e torrenti. Oltre al già citato Ponte Milvio, degni di nota sono il Ponte di Augusto a Narni, un’opera monumentale sebbene oggi parzialmente crollata (Narni sotterranea conserva uno dei tratti meglio conservati della via Flaminia); il Ponte di Clodio a Bevagna, ancora ben conservato; il Ponte Mallio (Cagli), ancora in uso; e il suggestivo Ponte del Diavolo (Cagli). La via attraversava la Gola del Furlo, dove fu realizzata una galleria scavata nella roccia sotto Vespasiano. Lungo la via si trovano anche resti di città antiche come il Teatro Romano di Carsulae, il Foro Romano di Otricoli, e monumenti funerari come il Mausoleo di Gaio Giulio Secondino (vicino Spoleto). La via terminava ad Ariminum (Rimini), dove l’Arco di Augusto segnava la fine della Flaminia e l’inizio della Via Emilia. Un altro Arco di Augusto si trova a Fano.
La via Flaminia dopo l’Impero romano d’Occidente
Nel corso del Medioevo, la Via Flaminia subì una profonda trasformazione. Dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente, la manutenzione delle grandi vie consolari fu progressivamente abbandonata. Il tracciato della Flaminia, esposto a frane, alluvioni e incuria, divenne in molti tratti impraticabile. Le invasioni barbariche, prima dei Goti e poi dei Longobardi, contribuirono alla frammentazione del territorio e all’interruzione della viabilità, mentre molti ponti e infrastrutture furono deliberatamente distrutti per motivi strategici e difensivi. Le città lungo il tracciato si ritirarono all’interno di mura più sicure e, in alcuni casi, cambiarono posizione o si ridimensionarono.
Tuttavia, la Via Flaminia non scomparve. Tra il VI e il VII secolo, quando Bizantini e Longobardi si contendevano l’Italia centrale, la strada divenne parte del cosiddetto “Corridoio Bizantino”, una fascia di territorio che garantiva il collegamento tra Roma e Ravenna, capitale dell’Esarcato bizantino. In questo periodo, località come Narni e Spoleto divennero cruciali per il controllo del tracciato, che veniva mantenuto aperto a fatica in un contesto di continue guerre e instabilità.
Nel Medioevo la Flaminia assunse anche un importante valore religioso, diventando un tratto percorso dai pellegrini diretti a Roma. Alcuni di essi provenivano dall’Adriatico e dall’Europa centrale, e utilizzavano la Flaminia per raggiungere la tomba di San Pietro. Questa funzione devozionale trasformò il paesaggio della via: sorsero ospedali, abbazie, xenodochi (ospizi gratuiti per forestieri e pellegrini) e chiese che accoglievano i viaggiatori e li assistevano nel tragitto.
A partire dal XII secolo, durante il Basso Medioevo, molte delle città attraversate dalla Flaminia cominciarono a rifiorire grazie al risveglio dei commerci e all’emergere delle autonomie comunali. Città come Bevagna, Spoleto, Foligno, Perugia e Gualdo Tadino si affermarono nuovamente come centri vitali. Il tracciato della Flaminia fu integrato nelle reti viarie locali e utilizzato per la circolazione delle merci e delle persone, contribuendo al dinamismo economico e urbano dell’epoca. In questo periodo, le città spesso segnavano la presenza della Flaminia con la costruzione di porte urbiche monumentali o con il mantenimento di tratti lastricati all’interno del perimetro cittadino.
Anche i ponti romani della via subirono delle trasformazioni. Alcuni furono restaurati in stile medievale e continuavano ad essere utilizzati, come nel caso del Ponte Milvio a Roma. Altri, come i ponti di Narni o di Cagli, furono inglobati in fortificazioni o ricostruiti in parte. Talvolta, accanto a quelli antichi, furono eretti nuovi ponti medievali, segno della continuità dell’uso della via anche se con modalità diverse.
Numerose sono le curiosità che circondano la Flaminia medievale. La gola del Furlo, per esempio, divenne famosa per la sua pericolosità: franosa e infestata da briganti, era temuta da viaggiatori e pellegrini. Il nome stesso della via cambiò più volte nel corso dei secoli, assumendo denominazioni locali come “strada di Roma” o “strada del Duca”, a seconda del potere dominante. Lungo il percorso sorsero monasteri e pievi che, oltre alla funzione religiosa, esercitavano un controllo territoriale ed economico.
La Strada Statale n. 3 Via Flaminia
Gran parte dell’antico percorso è oggi ricalcato dalla Strada Statale 3 “Via Flaminia”, che collega Roma a Fano, mantenendo l’orientamento generale della via romana e nonostante i moderni tracciati abbiano deviato parte del traffico, molti tratti originari sono ancora visibili e percorribili. Questa arteria moderna serve ancora numerosi centri abitati storici come Civita Castellana, Narni, Spoleto, Foligno, Nocera Umbra, Gualdo Tadino, Fossato di Vico, Cagli e Fano. Tuttavia, i tratti più montani e difficili, come quello attraverso la gola del Furlo, sono stati in parte sostituiti da gallerie e varianti autostradali che ne facilitano l’attraversamento, ma sacrificando i tratti più suggestivi ancora in uso poche decine di anni fa, che è ancora possibile percorrere con brevi deviazioni dalla strada più moderna.