Le antiche vie di comunicazione hanno spesso seguito e al contempo plasmato lo sviluppo dei territori che attraversavano. Nell’Etruria meridionale, la Via Cassia e la sua variante, la Via Ciminia (più comunemente Cimina), raccontano una storia affascinante legata all’ascesa e alla caduta di centri di potere.
Il tratto originario della Cassia e l’ascesa della Cimina
Per molto tempo, la Via Cassia vera e propria nel tratto tra le falde dell’apparato Vulsino e Sutri seguiva un percorso con pochi dislivelli, abbastanza vicino all’attuale statale SS2. Questo tracciato passava poco a ovest di Viterbo, toccando il centro allora più importante della zona, San Valentino, e proseguendo verso Vetralla e Capranica. Le stationes (stazioni di posta) indicate in questa area nella Tabula Peutingeriana erano Forum Cassii e Vicus Matrinus, entrambe situate a qualche chilometro di distanza da Vetralla e Capranica.
Tuttavia, tra il X e l’XI secolo, la situazione cambiò radicalmente. Viterbo divenne la città assolutamente dominante dell’Etruria meridionale. Parallelamente alla crescita della potenza di Viterbo, l’importanza di questo tratto originario della Cassia passò in secondo piano, a favore della Via Cimina. Questa variante, che esisteva già in epoca romana, raggiunse la sua massima importanza in seguito all’ascesa di Viterbo al ruolo di centro dominante dell’Alto Lazio.
Perché il cambiamento del ruolo di Viterbo?
L’ascesa di Viterbo non fu pacifica. In precedenza, la Cassia scendeva da Montefiascone verso la pianura, puntando al centro di San Valentino. Ma San Valentino fu una delle cittadine totalmente distrutte dai viterbesi nel corso di scontri cruenti. A quel punto, la via di maggior traffico da Montefiascone fu rapidamente dirottata su Viterbo.
Una volta giunti a Viterbo, gran parte dei viandanti in cammino verso Roma, anziché tornare verso la piana per riprendere l’antica Cassia, proseguivano salendo lungo la Ciminia.
La Cimina: da selva impenetrabile a via sotto controllo
In precedenza, la Via Cimina era considerata insicura a causa del grande sviluppo della foresta conosciuta come Selva Cimina. I Romani la descrivevano come impenetrabile e oscura, paragonandola persino a quelle germaniche, fino a quando Quinto Fabio Massimo Rulliano valica la selva, invade e porta distruzione al territorio etrusco al di là dei monti Cimini, dove ottiene un’importante vittoria in campo aperto. Nel medioevo invece, i boschi potevano indubbiamente offrire rifugio a briganti e rappresentare un pericolo per i viandanti, ma molto probabilmente, l’accresciuta potenza di Viterbo portò a un più efficace controllo del territorio, almeno lungo il percorso della strada, rendendola più sicura.
Lo spostamento della via di grande percorrenza dalla parte ovest a quella est rispetto all’apparato del Lago di Vico, con il probabile aumento della sicurezza, fu un elemento favorevole per lo sviluppo di molti centri situati sul versante orientale del Cimino-Vico, aperto verso la valle del Tevere. Questi centri spesso si trovano in posizioni naturalmente difese su sproni rocciosi difficilmente accessibili, una caratteristica favorita dalla costituzione geologica della zona.
L’aumento delle relazioni con Viterbo portò allo sviluppo di vie di comunicazione raccordantisi alla Cimina, invariabilmente tracciate lungo i crinali. Si formò così una vera e propria raggiera di strade, sviluppatasi però quasi esclusivamente sulla metà orientale della cresta della caldera di Vico.
Il percorso moderno e le sue differenze storiche
Oggi, per chi proviene da Roma, la Cassia Cimina si distacca dalla SS n.2 Cassia all’altezza di Monterosi (vedi il cippo Bivio SS2 Cassia / SR311 Nepesina). Le due vie percorrono una distanza praticamente identica per giungere a Viterbo, ma la morfologia del territorio attraversato è profondamente diversa. La SS n.2 ha un tracciato appena ondulato o pianeggiante, con una salita graduale. La Cimina, invece, presenta salite e discese molto più marcate, raggiungendo gli 864 metri al Passo del Cimino.
È interessante notare che, fino al XIX secolo, la Via Cimina da Ronciglione non andava verso Monterosi, ma si raccordava alla Cassia a Sutri con un percorso più breve (vedi cippo Indicazione per Sutri / Ronciglione).