Nel tratto tra Ponte Milvio e Ponte Flaminio, sulla destra idraulica del fiume Tevere, è stata ripristinata l’accessibilità e la fruizione pubblica dell’area che era in stato di abbandono de decenni a causa della vegetazione spontanea e dei sedimenti alluvionali delle piene del Tevere. Si tratta del Parco d’affaccio-oasi naturalistica del Foro Italico, uno dei cinque parchi d’affaccio sul fiume Tevere realizzati dal Dipartimento capitolino Tutela Ambientale per il lavoro del Giubileo 2025.
Nel corso dei lavori, è stato riportato alla luce, dopo la rimozione di limo dei detriti e dei rifiuti, l’antico cippo terminale (52 a.C.) che segnava l’ampiezza dell’alveo del Tevere, nel quale sono riportati i nomi dei due censori del 55-54 a.c. Marcus Valerius Messalla Corvinus e Publio Servilius Vatia Isauricus che insieme crearono opere per contenere lo straripamento del fiume. La foto si riferisce alle condizioni del Cippo ad inizio lavori nel 2024.

Tratto da Vignaclarablog.it da un’intervista all’archeologa Licia Capannolo:
Si tratta di un cippo terminale del Tevere di cui venne data notizia nel 1819 dal Fea, poiché, evidentemente, era visibile già da allora. Questa ipotesi venne confermata circa settant’anni dopo dal Nibby il quale disse che affacciandosi dal parapetto del ponte si poteva vedere il cippo incassato nella gradinata costruita con massi di tufo “…che quando le acque del Tevere sono al livello ordinario, mostra essere stata di otto gradini”. Lo studioso aggiunse che i cippi probabilmente erano due. Infatti parlando della nostra iscrizione dice che ”essa fu posta come l’altra incontro”. Quella che il Nibby chiama l’altra (iscrizione) si trovava nella Villa Albani, trascritta sia dal Fabretti che dal Marini. Tra le due l’unica differenza era il modo di trasporre i nomi dei due censori ”per la vecchia ambizione di non sembrare uno meno dall’altro”.

Nibby ancora dice che di questa tipologia d’iscrizione se ne conoscevano 18 esemplari, di cui 10 ritrovati sulle sponde del fiume tra Ponte Milvio e Ripetta. Queste erano poste ad una distanza di 100 piedi l’una dall’altra, ossia a circa 18,50 m. e quella di Valerio Messala e Servilio Isaurico distava dal fiume circa 6 metri. La funzione di questo cippo terminale era segnare l’ampiezza del letto del fiume e quindi di determinare un confine tra l’agro pubblico e privato.

Ma vediamo più da vicino cosa dice l’iscrizione riportando il testo e proponendo lo scioglimento del Nibby:
M. Valerius M. f./M. n. Messal/ P. Servilius C. f./ Isauricus ces./ ex. S.C. termin.
M(arcus) Valerius M(arci) f(ilius)/ M(anli) n(epos) Messal(a)/ P(ublius) Servilius C(aii) f(ilius)/ Isauricus (censores)/ exS(enatus) C(onsulto) termin(averunt).

L’iscrizione ricorda quindi la censura di Marco Valerio Messala, figlio di Marco e nipote di Manlio e di Publio Servilio Isaurico, figlio di Caio che per decreto senatorio delimitarono il terreno pubblico dal privato.
Tornando all’iscrizione il testo proposto è quello inciso sulla faccia del cippo che guarda il fiume. Infatti la lastra di travertino ne riporta un’altra incisa sulla faccia posteriore rispetto al fiume, il cui testo è lo stesso, ma con una differenza: i nomi dei censori sono invertiti.
Ponte Milvio – cippo riemerge dal fango e dalle erbacce
Nel corso dei lavori di riqualificazione dell’area, sono tornati visibili un muro in blocchi di tufo, una parte degli antichi argini del Tevere in tufo risalenti al I secolo a.C., un tratto dell’antica via Flaminia con il tradizionale basolato imperiale e un tratto di pavimentazione in sanpietrini del ‘900.